Storia breve del Rock Progressivo Italiano

Allora, mi pare brutto ricominciare ad ammorbare questo postribolo senza contribuire.
Eccovi allora una prestigiosa disamina, scritta in tempi andati (male).

Abbeveratevi pure al mio sapere.

Storia breve del rock progressivo italiano.

Il genere si origina da artisti autoproclamati che si sentivano troppo alternativi per farsi toccare le pallucce dai preti (cit.paz.) o suonare l’oboe al conservatorio come tutti gli altri ragazzetti malinconici con velleità creative. Proprio all’apice della loro popolarità (?), sono arrivati gli sporchi chaddoni del punk a fotter loro le groupies. I nostri eroi non l’hanno presa bene e si sono riciclati alla RAI (pochi) o come anziani da baretto (molti). Quelli fortunati sono morti giovani.

Seguirà una lista raffazzonata delle loro più boriose opere, presentata in guisa di ipotetici (ma credibili) personaggi molesti.

Osservazione numero uno: sentirsi superiori (mood di base del progressive) è un’arte difficile, e attira molti gonzi (io no: io sono acclaratamente superiore a questi meccanismi).

Osservazione numero dos: solo quel mitomane di Piero Scaruffi ha davvero la faccia tosta di voler recensire migliaia di album ascoltandoli distrattamente forse una volta mentre si lava i denti con lo spazzolino elettrico e comunque pensa ai polpacci nodosi del bidello delle università di terz’ordine dove sostiene di lavorare. Io invece lavoro davvero, quando sarebbe giusto essere pagato per elargire sporadica saggezza. Quindi la lista non sarà esaustiva né oggettiva, e col cazzo che ne propongo 10, facciamo 6 e ringraziatemi, merde. È comunque la migliore lista disponibile oggigiorno.

Osservazione numero three: la sintesi è appunto un dono raro, infatti la durata di gran parte degli album di cui sotto potrebbe essere ridotta del 50-80%, se non altro suonandoli a velocità doppia sostituendo le chitarre con banjo e ukulele e gli immancabili flauti/sax con zufoli peruviani da enfisema. Coglioni loro che non ci sono arrivati e coglioni voi che li ascoltate ancora.

  • Darwin! (Banco del Mutuo Soccorso): poco dopo la cresima, il pallido ma noioso Ermete Scopafossi inciampa in una sterpaglia e gli scappa un bestemmione. In quel frangente si rende chiaramente conto che Dio non esiste e prende a far battutine anti-teistiche passivo aggressive alla nonna baciapile durante il pranzo di Natale, recitando stolide lezioncine di biologia imparate dal sussidiario delle medie. Lei non lo caga di pezza e allora (in realtà più tardi: al compimento di 27 anni suonati) Ermete sfoga il suo disappunto in una composizione che a distanza di decenni ispirerà l’opera omnia del simpatico Pigì Odifreddi.

  • Palepoli (Osanna): essere nati a Mercogliano (AV) non è sfortunatamente motivo sufficiente di vanto per il giovane Nuzzo di Domenico detto “Scuorn’”. Per farsi bello rispetto al figlio della portinaia (addirittura geometra), Nuzzo si iscrive a Scienze Agrimensorie della Boassa Larga all’università dell’insubria (che non merita il maiuscolo) a varese. Non solo varese fa cagare, ma gli unici appartamenti compatibili col portafoglio della famiglia di Nuzzo si trovano a Bizzozero, ridente sobborgo. Talmente ridente che Nuzzo sprofonda in depressione pesante e in un raptus decide di ingurgitare una quantità malsana di sottólî misti provenienti dal paccodagiù. I sottólî erano però semifermentati, e le conseguenti allucinazioni sciamaniche furono raccolte in Palepoli, album fantascientifico che descrive una Napoli sicura, civile e pulita, alla faccia di quella merda di varese.

  • Storia di un minuto (Premiata Forneria Marconi): Se c’è una cosa che il mezzadro Romualdo Giambelluca ha imparato dai duri anni di onanismo adolescenziale, è che le ragazze apprezzano tantissimo gli spiriti poetici. Ma lui, cresciuto nel fango e nella nebbia della bassa bresciana, alle suddette poteva offrire ben poca poesia, tanto che gli amici lo descrivevano con “fine come una sbadilata di merda su un muro bianco”. In un momento di disperazione, si rivolse a respirare a pieni polmoni dallo scarico del Landini dello zio Anselmo, trovando l’ispirazione per scrivere “La carrozza di Hans”, che diventó poi il cuore dell’album “Storia di un minuto”. Non è dato sapere se quest’opera gli sia valsa interesse femminile, e anzi alcuni maligni sostengono che “Impressioni di settembre” sia in realtà una vaga ammissione di pratiche di zoofilia tutt’ora tristemente diffuse nel bresciano. Comunque un album leggero e giocoso.

  • Zarathustra (Museo Rosenbach): La musica è arte, l’arte è creatività, la creatività è sensibilità, la sensibilità è cuore e il cuore sta a sinistra. Questo concetto stava eminentemente sui coglioni a Pier Domenico Girolamo di Oriolo Altieri, discendente di una costola della nobiltà nera romana caduta in disgrazia per le scommesse sui cavalli. Durante gli anni 70 il nostro PierDindo studiava a Bologna e veniva regolarmente bullizzato perfino dal più rachitico degli anarchici greci, in gran contrasto con l’idea di Oltre-Uomo di Nietzsche cui era affezionatissimo (per il termine vedasi G. Vattimo, ne “Il soggetto e la maschera”: <<non SuperUomo, CioDane, Über- indica superamento, eddai cazzo MorcaPadonna non è che l’Übermensch sta in groppa all’ortolano>>). Dicevo, il PierDindo si iscrive al Fronte della Gioventù, e per corteggiare un altro virile camerata scrive la tenerissima “Zarathustra” con la mano destra sulla penna e la sinistra ben immersa nelle mutande. Cupo e intenso, in culo alle zecche.

  • Terra in bocca (I Giganti): Ettore ed Eugenio Scribacchini sono due polistrumentisti venticinquenni, riusciti ad entrare in orchestrine RAI grazie a raccomandazioni, bustarelle, e seghe coi piedi al vescovo. Dopo due o tre anni sulla cresta dell’onda radiofonica (una crestomazia artistica forte di elementi come la vivace “Ti giuro, solo la punta”, la riflessiva “Da quando è primavera non passo dalla porta” e la polemica “A tua mamma però non dispiaceva”), i due, folli di hybris, decidono di fare il salto impegnato e lanciare un album di denuncia contro i poteri forti nella speranza di farsi invitare da PierPaPà (Pasolini, ndr) alla scampagnata di pasquetta. Finiscono censurati da ogni ente pubblico e/o religioso, schifati e abbandonati persino dalle loro famiglie. Album fascinoso, anche se non sempre spensierato.

  • Io sono nato libero (Banco del Mutuo Soccorso): Un’altra perla di Ermete Scopafossi! (Cosa ci volete fare, la sua musica mi piace proprio). Scoperto dal padre ad aver truccato la Lambretta della cuginetta Rachele (non Rachele Scopafossi come sostengono i peggio informati, ma la meno nota Rachele Stappafiaschi che gli era cugina da parte di madre), ed essere perció la ragione della distruzione della Lambretta stessa, della cugina e del pollaio di famiglia, il piccolo (28 anni) Ermete viene ingiustamente messo in castigo nella sua cameretta. Ermete non ci sta e si lancia in un “Canto nomade per un prigioniero politico”, arrivando perfino ad andare a letto presto rifiutando la cena (una volta sola, beninteso) come dipinto nella struggente “Non mi rompete”. Semplicemente imperdibile.

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Uno dei miei generi preferiti!

Una marea di album che se fossero stati incisi in inglese sarebbero nell’olimpo con Genesis, ELP, Gentle Giant, Camel e etc.

Vista l’ora tarda per ora faccio una piccola lista dei miei preferiti (off the top of my head) e domani se ho voglia approfondisco:

I primi 3 del Banco, della PFM e de Le Orme sono imprescindibili.

Il Balletto di Bronzo - Ys
Area - Crac!
Biglietto per L’inferno - Biglietto per l’Inferno
Quella Vecchia Locanda - Quella Vecchia Locanda
Semiramis - Dedicato a Frazz
Osanna - Paleopoli
Alphataurus - Alphataurus
Locanda delle Fate - Forse Le Lucciole Non si Amano Più
Maxophone - Maxophone
Museo Rosenbach - Zarathustra

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:lode:

le orme :lode:

ti scoccia se ti butto anche i nomadi?

Aggiungo anche

Sì ma perculatevi pero’.

E’ un genere che non riesco a capire se mi piaccia o meno.

Ci sono delle cose bellissime e che adoro e delle cose di cui non sopporto manco 3 note in fila :asd:

Anche all’interno dello stesso album, incredibile :asd:

Il mio preferito, di quelli che (riesco ad) ascolt(are)o, e forse il più moderno dato che è il canto del cigno di un genere è “Forse le lucciole non si amano più” della Locanda delle Fate.

Che album :lode:

Razzista

Rinco

Dimmi

Io ho avuto la mia (breve) infatuazione col prog italiano prima di passare ad altro, ma gli Area rimangono sempre lì, ogni tot ci torno e mi gaso come ai primi ascolti

rimangono sempre nella stessa area … ahr ahr ahr

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